sabato 7 gennaio 2023

"Tra crepacci profondi e guglie sublimi": Ester della Valle di Casanova e Gigetta Matricardi, alpiniste verbanesi (seconda e ultima parte)

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Per Ester della Valle di Casanova e Gigetta Matricardi quelli a venire furono anni intensi, sempre in cordata tra le Alpi Occidentali e le Dolomiti.

Ester della Valle di Casanova e Aldo Bonacossa in cordata
(foto archivio Marzio Govoni, g.c.)

Cronache alpinistiche

Il 18 febbraio 1923 Ester e Gigetta seguirono altri soci della Sezione Verbano in Val Formazza dove assistettero alla “Coppa Girola” di sci.
Pochi giorni dopo, tra il 3 e il 6 marzo, Ester sarà ancora in Formazza, cimentandosi in impegnative ascensioni con gli sci, prima del Blinnenhorn e poi del Monte Giove che poi raccontò sulla Rivista del Club Alpino Italiano: «E scende il crepuscolo magico di gelo e di vento. È la mia prima notte invernale di montagna, domani la prima gita in sci!», annoterà la sera del 4 marzo osservando il tramonto sul lago del Vannino, ospite in una baracca del cantiere Edison.
Il 12 luglio le due giovani tornarono sul Gran Paradiso raggiungendo per prime la vetta della Becca di Monciar (3544 m), costone est. Con loro, in quella e in tante altre successive imprese, il conte Aldo Bonacossa, poi marito di Ester.
Il conte Bonacossa, nato a Vigevano il 7 agosto 1885 da una nobile e agiata famiglia di industriali tessili della Lomellina, fu ufficiale del Genio e istruttore di sci del Regio esercito nella prima Guerra Mondiale, fotografo, esploratore, alpinista e pioniere dello sci. Tra i compagni di cordata, i più noti furono Paul Preuss, Giusto Gervasutti, Ettore Castiglioni, Ninì Pietrasanta, Tita Piaz, Hans Steger, Paola Wiesinger, Alberto I del Belgio e Luigi Amedeo di Savoia-Aosta.
Di quest’ultimo, Bonaccossa scrisse nel 1963 sulla Rivista del C.A.I., ricordando come si conobbero e raccontando così anche dei suoi primi incontri con Ester: «Lo conobbi, dopo averlo visto di sfuggita sul Carso insanguinato, giovanetto ancora ma già caporale d’artiglieria volontario, a Riscone, piccolo gruppo di case allo stato paesano primitivo tra le colline a mezzodì di Brunico in Pusteria. Là, in una rustica casetta di legno ad un solo piano rialzato, nell’estate 1924 trascorreva brevi periodi a ritemprare le forze Donna Bettina della Valle di Casanova, braccio destro della Duchessa Elena d’Aosta Orléans che, quale dinamicissima presidente della provvida istituzione Italia Redenta che organizzava asili e scuole inferiori nell’Alto Adige, da un alberghetto a Colfosco in Val Badia si diramava nelle sue intelligenti severissime ispezioni. Attorno alla nipote Ester, universitaria a Milano ma già liceale a Firenze, alpinista e sciatrice (nella R.M. 1925 maggio c’è un suo brillante articolo su una traversata sciistica nelle Breonie), erano radunati alcuni compagni di studio».
Tornando al 1923, il 6 agosto, sempre con Bonacossa e accompagnate dalla guida Luigi Carrel, Ester e Gigetta compirono la prima assoluta da sud del Primo Molare di Valsorey (3240 m), nelle Alpi Pennine.
Pochi giorni dopo, il 19 agosto, erano sul Pizzo Bottarello, m 3489, che salirono per la parete Est con Bonacossa e Ugo Ottolenghi di Vallepiana della Sezione di Firenze.
Con il ritorno dell’inverno, si fecero frequenti le uscite sulla neve, durante le quali Ester prese sempre più dimestichezza con gli sci. A fine anno la troviamo nella traversata invernale delle Alpi Breonie, in Alto Adige, percorsa dal 27 dicembre 1923 al 2 gennaio 1924 in compagnia di Vallepiana e altri alpinisti sciatori. Il resoconto di queste avventurose giornate tirolesi lo pubblicò lei stessa sulla Rivista del C.A.I.
Il conte Ugo di Vallepiana fu compagno di Gigetta ed Ester anche nella salita al vigezzino Pizzo la Scheggia avvenuta il 27 maggio del 1924.
Durante l’estate del ’24 troviamo Gigetta salire con l’ormai inseparabile Bonacossa diverse cime delle alpi Cozie. Compagno di queste scalate sarà Amedeo Sarfatti, figlio di Margherita Grassini Sarfatti, nota critica d’arte, conosciuta anche per la ventennale relazione avuta con Benito Mussolini nonostante le sue origini ebree.
Instancabili girovaghe, il 14 settembre Gigetta ed Ester erano con Aldo sulle Alpi Retiche.
Il 9 febbraio del 1925 Ester tornò nuovamente al rifugio Vittorio Emanuele con una comitiva composta da famosi alpinisti. L’occasione fu la prima ascensione invernale del Gran Paradiso (4061 m) dal versante della Tribolazione e contestualmente la prima traversata invernale da Cogne alla Valsavaranche, lei unica donna di un gruppo formato da Umberto Balestreri, Erasmo Barisone, Italo Brosio e Ugo di Vallepiana.
Nei mesi estivi Ester e Aldo torneranno in Alto Adige, dove soggiornava anche Amedeo di Savoia duca delle Puglie, poi duca d’Aosta, del quale Bonacossa scrive: «Trovandosi nel cuore delle Dolomiti, ne aveva subito sentita la parte estetica e la grande tradizione alpinistica. Da questo a voler provare una scalata il passo era breve, tanto più spintovi dalla dimestichezza con quella appassionata alpinista che era allora Ester di Casanova. Rivoltisi a Piaz, il “diavolo delle Dolomiti, a quei tempi all’apogeo della fama, quello li aveva portati al rifugio nel suo regno delle Vajolet».
In quei giorni di agosto, scalarono anche la Punta Grohmann, nel Gruppo del Sassolungo.
Il 10 settembre un’altra importante impresa attendeva Ester e Aldo: la scalata del Cervino, ancora in compagnia del Duca d’Aosta. È ancora Bonacossa a ricordare i fasti di quel giorno: «Partendo a piedi da Valtournanche (la carrozzabile era ancora un mito) si pernottò al Giomein per salire l’indomani al Rifugio Luigi Amedeo di Savoia. Avevamo organizzato la gita un po’ misteriosamente per non suscitare la solita curiosità dei villeggianti che non capiscono l’alpinismo e tanto meno se praticato da principi reali. Formavamo tre cordate: il Duca tra Carrel padre e un Pellissier, Ester della Valle con Carrel figlio, il Luigi diventato poi tanto famoso; io con un Pession».

Tita Piaz, Amedeo d’Aosta ed Ester della Valle di Casanova
(foto archivio Aldo Bonacossa)

Galeotti furono i monti

Bonacossa, nell’articolo dedicato ad Amedeo d’Aosta, racconta l’aneddoto legato al suo fidanzamento con Ester. Erano di ritorno dalla scalata al Cervino quando «accostandoci dopo la lunga camminata a Valtournanche vedemmo ad uno svolto della mulattiera un gruppetto di persone evidentemente in attesa. Sebbene avessimo accuratamente evitato il Giomein affinché la notizia della salita riuscita non si propagasse, per canali misteriosi essa era già giunta in paese. In testa al gruppo era l’avvocato Bobba, a capo scoperto, la bella figura di gentiluomo protesa in un riverente ossequio. Il Duca si sbrigò presto, sempre però cortese, dagli ossequi; una delle sorelle squadrò Ester, poi me e senza tanti complimenti mi chiese: “A l’è la sua morusa?”. Non precisamente così ma quasi: sul Cervino ci eravamo definitivamente fidanzati. Presi ambedue in giro da Amedeo che […] ripeteva: mi avete condotto lassù per farvi da paraninfo».
Con Amedeo di Savoia salirono anche il Breithorn: «Da Valtournanche ce ne andammo su con un portatore, il Duca, Ester ed io dapprima cogli sci a spalla poi, calzateli, fino ad una baita in cima al Breuil ove ci alloggiammo perché allora il far aprire l’unico albergo del piano ove adesso c’è Cervinia avrebbe richiesto una procedura dispendiosissima di tempo e denaro. Il nostro ostello invece consisteva in un bugigattolo con un po’ di fieno a terra sul quale passammo la notte nei sacchi piuma, visitati ogni tanto da qualche topo che preferiva la nostra compagnia alla neve che fuori aveva cominciato a cadere».
L’anno successivo, il 22 aprile del 1926, la marchesina e il conte si sposarono: «Auspicate nozze. Con aristocratica distinzione si sono celebrate giovedì mattina le nozze, auspicate, della marchesina Ester Della Valle di Casanova, gentilissimo fiore di S. Remigio, col conte Bonacossa. Il corteo nuziale è stato accolto al Palazzo Pretorio dal Sindaco, comm. ing. P. Erba che ha celebrato il rito civile. Alla villa di S. Remigio si è compiuta poi la cerimonia religiosa».
Novelli sposi, Ester e Aldo non rinunciarono al fascino delle cime. L’estate del ’26 li vide scalare numerose vette sulle Alpi Retiche, Graie e sulle Prealpi ossolane.
Nel 1927 fu invece Gigetta a unirsi in matrimonio con il giovane studente universitario Mario Chiovenda: «Li 30 luglio si sono solennemente celebrate le auspicate nozze della gentilissima signorina Gigetta Matricardi figlia unica adorata dell’egregio inventore col giovane Mario Chiovenda di Premosello. L’unione dei due bei giovani ha coronato un sogno maturato nella poesia», scrisse un giornale locale.
Mario, nato a Roma nel 1905, era figlio dell’illustre botanico premosellese Emilio Chiovenda e di Matilde Lanza, nipote dello statista piemontese Giovanni. Con il fratello Camillo, e sulle orme del padre, scalò le montagne ossolane, fra cui la Rossola, la Punta di Saas, il Pizzo Cingino, la Weismiess e tante altre. Fu proprio in un rifugio alpino dell’Ossola che Mario conobbe Gigetta.
Dopo gli studi universitari a Firenze e a Milano, Mario Chiovenda si laureò con lode in medicina e chirurgia nel 1929. Fu un brillante anatomo-patologo, con una carriera di successo che lo vide muovere i suoi primi passi all’Università di Milano, dove nel 1934 era già libero docente. Ricoprì, in seguito, la cattedra di anatomia e istologia patologica dell’università di Perugia e, nel 1938, in quella di Pisa, per poi tornare nel 1940 a Milano, alla direzione dell’istituto in cui era entrato giovane studente nel 1927.
Mi sembra di vederli, mano nella mano - come in questa foto scattata in riva al mare - salire e scendere le scale del Palazzo in cui abitavano a Milano, in via Francesco Sforza n. 19.
Salire e scendere, proprio come sui monti che amavano scalare.
Chissà se da una delle finestre dell’appartamento si vedevano le cime ossolane? Sotto casa scorreva il naviglio di Porta Romana, pochi passi oltre sorge il Policlinico dove Mario lavorava.

Gigetta Matricardi e Mario Chiovenda
(foto archivio famiglia Chiovenda, g.c.)

Anni bui

Nella primavera del 1943 le vite di Gigetta e Mario giunsero tragicamente al termine del loro cammino.
Il Corriere della Sera si dedicò a loro più volte in quei giorni e ne pubblicò il necrologio: «Il giorno 18 maggio tragico evento toglieva all’affetto dei suoi cari Gigetta Chiovenda nata Matricardi. A tre giorni di distanza, stroncato nella Sua fortissima fibra dall’immenso dolore, è mancato il marito Dott. Prof. Mario Chiovenda, Ordinario di Anatomia e Istologia Patologica nella R. Università di Milano, Primario dell’Ospedale Maggiore. Costernati ne danno il triste annunzio Giuseppe Matricardi e la signora Matilde Chiovenda Lanza ed i parenti tutti. I funerali avranno luogo a Milano sabato 22 corr. alle ore 14.30 partendo dall’Aula d’Insegnamento dell’Istituto di Anatomia Patologica in via F. Sforza 38 per la Chiesa del Policlinico. Le care Salme saranno trasportate a Suna Verbania per essere tumulate nella Tomba di famiglia domenica 23 corr. alle ore 15. Si prega di non inviare fiori. Milano, 21 maggio 1943 – XXI».
Le ultime volontà di Mario furono rivolte all’amata moglie. Volle che nel sarcofago in cui ancora riposa venissero posate la sua piccozza, compagna di tante scalate, e le lettere che in vita si erano scambiati. L’assenza di figli, la tragicità dell’accaduto e il particolare momento storico fecero calare definitivamente il sipario sulle loro esistenze.
I coniugi Bonacossa ebbero invece una vita intensa e lunga. Aldo morì nel 1975, Ester nel 1992.
«Vorrei ringraziare i compagni, forti, buoni e pazienti che mi hanno portata lassù», scriveva Ester nel 1925 a conclusione della traversata invernale delle Alpi Breonie. Credo che quei giorni felici e quelle compagnie, e soprattutto l’amicizia di Gigetta, le siano mancati molto negli anni del crepuscolo.

fine


Precisazione e ringraziamenti
L'articolo riprende quel che è stato pubblicato sulla rivista "Monte Zughero" (n. 23, gennaio 2023) del CAI sezione di Baveno. Anche a conclusione di questa seconda parte, mi preme ringraziare per la cortese collaborazione la contessa Silvia Sella Bonacossa, figlia di Ester, Flavio Chiovenda, pronipote di Mario e Gigetta, il collezionista Marzio Govoni, gli amici Pietro Pisano e Leonardo Parachini, la Sezione Verbano del CAI e Alessandra Ravelli del Centro Documentazione Museo Nazionale della Montagna-CAI Torino.



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