"La sera del 31 ottobre i morti
torneranno a camminare sulla terra e sarà nuovamente Halloween". Inutile
nascondere che la festa portata dagli irlandesi nel Nord America, la ricorrenza
dell’Ognissanti del 1 novembre e la commemorazione dei defunti del 2 novembre,
abbiano storie che si intrecciano e si sovrappongono.
Non è però mia intenzione
inserirmi nell’acceso dibattito riguardante le origini di Halloween. Mi piace, invece, cogliere l’occasione per ricordare quella che fu una delle tradizioni
secolari più sentite dalle nostre genti.
Era consuetudine – e per alcuni
lo è ancora! – nella notte di Ognissanti lasciare sulla tavola un piatto di
castagne cotte per sfamare e placare le anime dei defunti, affinché non
tormentassero i vivi.
In passato era d’obbligo anche lasciare il focolare acceso, per permettere ai morti di scaldarsi. In Val Cannobina il paiolo con le castagne veniva lasciato appeso alla catena del camino. In Ossola si credeva che, banchettando, i morti predicessero il futuro dei vivi, ma chi avesse cercato di ascoltare avrebbe corso il rischio di essere accoltellato e di portare il coltello nella ferita sino all’anno successivo.
In passato era d’obbligo anche lasciare il focolare acceso, per permettere ai morti di scaldarsi. In Val Cannobina il paiolo con le castagne veniva lasciato appeso alla catena del camino. In Ossola si credeva che, banchettando, i morti predicessero il futuro dei vivi, ma chi avesse cercato di ascoltare avrebbe corso il rischio di essere accoltellato e di portare il coltello nella ferita sino all’anno successivo.
Mentre l’usanza delle “castagne
per i morti” la conoscevo, essendo molto diffusa nei paesi del Verbano, la
variante che vede colui o colei che origliano i discorsi dei morti e da questi
vengono accoltellati, comune nel mondo alpino, credevo non fosse presente nel
patrimonio fantastico della bassa Valgrande.
Anni fa, invece, nello scorrere le
pagine consunte dei vecchi bollettini della parrocchia di Rovegro, trovai
riportate alcune leggende raccolte dall’allora parroco don Giuseppe Soldani e
tra esse una, dal titolo Coi morti all’alpe Bovè, che ricorda molto analoghe
narrazioni tramandate in Ossola.
Il corte di Buè (Bovè nella leggenda raccolta da don Soldani), in Valgrande. Foto scattata negli anni '60 |
Ve la propongo, invitandovi la
sera di Ognissanti a lasciare sulla tavola il consueto piatto di castagne cotte, ma, mi raccomando, non nascondetevi dietro la porta ad aspettare le anime dei
nostri defunti!
Buona lettura!