giovedì 18 aprile 2024

La storia di Tel, il cane dei fratelli Benzi

Un racconto di Carolina Lina Pirovini (1906-1991)

A Cicogna c’era Tel, un bravissimo cane da caccia. Faceva parte della numerosa brigata dei sette fratellini Benzi. Mia madre Bice era una di loro. Tel conosceva tutte le case e le abitudini degli abitanti del paese. Per svolgere i suoi dispetti, lui era sempre in movimento. Dalle sue terrazze osservava tutto. Allora si metteva all’opera, prendeva di mira la tal casa, perché i grandi erano già usciti per i lavori dei campi e i piccoli ancora dormivano. Sulle porte di quelle antiche cucine c’erano i famosi catenacci, che lui afferrava coi denti e apriva, perché sapeva che sul fuoco, che andava spegnendosi, c’era la pentola pronta con la semplice colazione mattutina e, lap lap, in un attimo leccava tutto. E sì che a casa sua il cibo era sempre abbondante! Ma far dispetti era una virtù del suo carattere. Così i piccoli, piangendo, andavano dal nonno a lagnarsi e costui, sorridendo sotto i baffoni, doveva rimediare alla colazione.

Pietro Benzi e la moglie Rachele Maruzzi

A una vecchietta piaceva tanto il pancotto e, di nascosto dei famigliari, andava in una cascina di loro proprietà, situata nei prati sotto il paese, dove si godeva questa golosità.
Tel l’aveva capito e, secondo lui, una lezione bisognava pur dargliela alla donnetta. Così, dispettosamente, entrò come un fulmine nella cascina, addentò il pentolino appeso alla catena ch’era sul fuoco e scappò via, sordo alle imprecazioni della derubata. Quando fu fuori, fece per sistemare meglio il maltolto fra i denti, ma dato che il prato era in pendenza perse l’equilibrio e il pentolino, sfuggito al morso, rotolò giù seminando il proprio contenuto per la prateria e fracassandosi in fondo alla valle. Oh, quanto fu grande la disperazione della vecchietta manifestata davanti a nonno Pietro, che, come sempre, fu pronto a saldare la malefatta.

Tel fiutava l’aria e se in qualche casa macellavano bestie, s’aggirava attorno, sornione, e al momento buono afferrava qualche blocco di carne (anche di 20 chili) e via, a sotterrarlo in qualche campo. In questi casi Tel veniva interpellato dal nonno che lo piegava all’obbedienza così che, pur ringhiando, si sdraiava nel punto in cui l’aveva seppellita.

Qualche volta faceva anche il bravo, ad esempio quando gli uomini erano impegnati in lavori un po’ fuori paese. Verso mezzogiorno, in un ampio tovagliolo o cesta veniva messa la colazione e Tel, buono buono, si prestava a far da cameriere. Il tutto arrivava a destinazione, tranne quando certi saporiti arrosti o cotechini spandevano per l’aria quel certo appetitoso odore e la tentazione era più forte dell’obbedienza. Così la colazione non giungeva ai lavoratori. Anzi, capitava poi che lo scovavano addormentato sotto qualche pianta, mentre attorno erano sparsi i barattoli svuotati.

Fra i fratellini Benzi, quello che gareggiava con Tel in birichinate era Giovanni, il futuro pittore. Quando il ragazzo ne combinava qualcuna un po’ grossa, aveva comunque pronto il suo nascondiglio, in un certo fienile, in cui aveva fatto una galleria nel cumulo di fieno. All’imbocco Tel stava in sua difesa, digrignando i denti anche verso il nonno che doveva, davanti a tale guardia, declinare l’opera disciplinare paterna.

Passarono gli anni e Tel invecchiava, ormai quasi ventenne, li sentiva tutti. Quasi cieco e con il cuore affaticato, in una delle consuete passeggiate arrivò coi suoi padroni a Ungiasca da parenti. Qui qualcuno, vedendolo così conciato, osò dire, “… ma fatelo uccidere!”.
Tel capì quelle tremende parole e fuggì da Ungiasca. Viaggiò tutta la notte e alle 4 del mattino arrivò a Cicogna. Davanti alla sua casa si mise a piangere, a latrare come un disperato, tanto che le donne, svegliate e davanti a tanta disperazione, pensarono subito a una disgrazia e si misero in cammino per Ungiasca. Giunte che furono si sentirono dire che nulla era accaduto.
Quindi il cane aveva capito la tremenda parola “uccidetelo” e così la pietà scese su di lui e la sua vita in seguito fu nell’amata cuccia cicognese.

Tel io personalmente non ti ho conosciuto, ma quando la mamma ci parlava di te, noi sorelle ti vedevamo nella nostra fantasia, vivo e attivo in tutte le tue birichinate e, senza volerlo, ti abbiamo voluto bene.
Sei vissuto nell’epoca della storia dell’Unità d’Italia, del primo Re Vittorio Emanuele, assistendo allo sventolio delle nostre belle bandiere e sentendo tutti quei discorsi che si tenevano nel grande salone della trattoria del nonno. Fra tutti i forestieri che venivano e andavano, forse mano gentile annodò pure una coccarda tricolore al tuo collare.
Chissà se nei vecchi casolari di Cicogna c’è ancora qualche porta con quei catenacci che tu addentavi e aprivi?
Tel, anche a distanza di anni la tua storia riesce a interessare i bambini del paese, perché tu con la tua vita hai fatto la storia, la storia di un cane.

(trascrizione e adattamento: Fabio Copiatti)

Alcune delle sorelle Pirovini con la madre Bice Benzi



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