sabato 28 marzo 2020

«A proposito della malattia corrente»: l’influenza “spagnola” del 1918-1919 sui giornali locali verbanesi. Parte quinta

A zia Ada, giovane vittima della "spagnola"



Nei mesi di novembre e dicembre del 1918 sui giornali le notizie relative all’influenza trovarono meno spazio. La fine della Grande Guerra riempì le pagine dei settimanali di Intra e Pallanza con articoli dedicati alla vittoria delle forze Alleate e ai tantissimi caduti sul fronte o deceduti negli ospedali militari.
L’elenco delle vittime della “Grippe espagnole” però era sempre lungo, nonostante il rallentamento del contagio: quest’altra guerra che le nazioni di tutto il mondo stavano combattendo ancora non era vinta.

Pubblicità di uno sciroppo proposto nella cura dell'influenza spagnola
A inizio novembre, a scopo precauzionale, si decise di rinviare nuovamente il ritorno di bambini e ragazzi sui banchi di scuola:

«Apertura delle scuole. In seguito a parere del Consiglio Sanitario provinciale, per non compromettere il miglioramento già verificatosi nella salute pubblica, si è stabilito di prorogare l’apertura delle scuole della Provincia al giorno di lunedì 18 novembre». (Il giornale di Pallanza, 1 novembre 1918)

Gli asili invece riaprirono più avanti:
«Apertura Asili. Si avverte che gli Asili Infantili di Pallanza e di Fondotoce si riapriranno col 2 dicembre, (lunedì) prossimo venturo». (Il giornale di Pallanza, 25 novembre 1918)

Ma ci furono scuole, nei piccoli paesi, che a febbraio del 1919 erano ancora chiuse, come a Scareno, in Valle Intrasca:

«L’aula scolastica è tutt’ora chiusa: anzi si può dire mai stata aperta nell’annata 1918-1919. Perché la titolare Beatrice Monti qualche giorno scesa in Classe cadde gravemente ammalata di spagnola dolorosamente complicatasi da tenerla inchiodata ormai da due mesi. Ora però e in via di guarigione. Sinceri e cordiali augurii di completo ristabilimento coi voti di rivederla nella sua mansione almeno in Marzo. Ma intanto che danno per la scolaresca! Che fa il R. Ispettore? Non trova più un soggetto da sostituire?». (La Vedetta, 1 febbraio 1919)

Quando ormai si stava tornando alla vita normale, ecco la ripresa del contagio, complici forse i festeggiamenti seguiti alla fine della guerra, persone che si abbracciavano e si baciavano per le strade felici per la pace riconquistata:

«Si radunò tosto una gran folla; furono grida e canti di gioia, evviva all’Esercito lagrime di commozione... Un numeroso corteo con bandiere mosse verso la casa del Sindaco avv. Pirola, che scese subito e accompagnato dagli Assessori si recò sotto i portici gia illuminati, come in tempo.... di pace, dove fu accolto da festose acclamazioni. Egli, salito su di una panchina, pronuncio un felice discorso patriottico, commosso e commovente, che fu salutato da un delirio di applausi.
[…] Il Martedì si annunciò festoso fin dal mattino, in cui si ebbe una passeggiata in città di una colonna numerosa di operaie dei vari stabilimenti industriali con bandiere, coccarde, ombrelli tricolori, che si riversarono sulla piazza cantando e gridando evviva». (Il giornale di Pallanza, 10 novembre 1918)

Anche a Intra i festeggiamenti per la fine del conflitto mondiale richiamarono la gente nelle strade e nelle piazze:

«Sembrava un sogno ed era realtà. Si può dire che tutti i cittadini scesero nelle vie! Molti balconi erano già imbandierati dalla mattina gli altri lo furono nella notte. Ma il fremito della folla doveva avere pure una estrinsecazione straordinaria. Il pensiero corse subito alle campane della nostra Collegiata.
Cittadini, popolani, Signore si contesero l’onore di concorrere a che esse squillassero ed a lungo e replicatamente come annuncio di pace che arrivò a tutti i paesi della montagna e valli intrasche, donde ne venne l’eco di altre campane che ripetevano il grido giulivo della Matrice. […] I Cittadini avevano perduta la nozione delle ore e la mattina venne senza che si fossero accorti della notte. Intanto si pensava ad un solenne “Te Deum” in Collegiata. Egregiamente organizzata la cerimonia ebbe luogo mercoledì sera. II Tempio era tanto gremito da non poter più contenere altra folla». (La Vedetta, 9 novembre 1918)


Vignetta di Giuseppe Scalarini, disegnatore satirico, socialista e pacifista,
che rappresentava il bacillo dell’influenza del 1918 come un Napoleone a braccia conserte.
La didascalia dice “Il conquistatore dell’Europa”, come se la spagnola si fosse limitata all’Europa,
invece di arrivare praticamente dovunque, isole dei Mari del sud non escluse
(fonte: L'Avanti, 13 ottobre 1918).

E così, purtroppo, poche settimane dopo il virus riprese a circolare tra gli abitanti del Verbano:

«Provvedimenti contro l’epidemia influenzale. La R. Sottoprefettura comunica: Il 2 corr. convocata dal Sig. Prefetto della Provincia Gr. Uf. Avv. Olivieri si è riunita la Giunta del Consiglio Sanitario Prov. di Novara per udire la relazione del medico provinciale intorno all’andamento della epidemia influenzale nella provincia a concretare le misure atte a prevenirne la recrudescenza. Assisteva anche il R. Provveditore agli studi.
Mentre all’inizio dello scorso dicembre la febbre influenzale sembrava quasi del tutto scomparsa, nell’ultima quindicina di detto mese si notarono veri focolari di recrudescenza che gradatamente si estesero dando luogo ad una ripresa epidemica abbastanza violenta. Attualmente mentre il numero dei colpiti è rilevante  specialmente in alcuni centri, la forma clinica si presenta in generale lieve e le complicanze bronco-polmonari sono rare: la percentuale di mortalità si mantiene quindi ad una cifra molto inferiore a quella raggiunta nello scorso autunno. La Giunta si è occupata anzitutto della prossima riapertura degli istituti scolastici e, pur ritenendo che perdurando la mitezza della epidemia, salvo casi speciali, non sia consigliabile prolungare il periodo delle vacanze, ha fatto proprie alcune proposte dell’ufficio sanitario provinciale tendenti ad evitare che gli alunni si espongano a raffredamenti, alla inalazione polviscoli o di arie viziate ed al contatto con compagni già infermi o appena convalescenti. Per i teatri cinematografi e sale di pubblici spettacoli sono state confermate le disposizioni già prese durante il periodo epidemico precedente onde evitare in detti ambienti l’affollamento eccessivo, limitare il numero degli spettacoli e provvedere alla buona aereazione ed alla pulizia e disinfezione dei locali.
La Giunta ha raccomandato inoltre di evitare il sollevamento di polvere nelle pubbliche vie e piazze durante le ore di maggior affollamento, ed ha insistito infine sulla necessità di provvedere per una più larga spedalizzazione degli ammalati di influenza onde impedire la formazione di focolari famigliari e sulla attuazione delle semplici norme di profilassi domestica che si sono dimostrate di particolare efficacia per la prevenzione del morbo». (Il giornale di Pallanza, 12 gennaio 1919).

La terza ondata della pandemia, dopo quelle della primavera e dell’autunno 1918, era arrivata e avrebbe diffuso dolore e morte ancora per qualche settimana.

Un grafico che mostra il numero di decessi nelle principali città,
con un picco tra ottobre e novembre 1918 e nuovamente a marzo 1919 (fonte: Wikipedia)

FINE

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