L’orso sembra essere tornato sui monti delle Valli
Intrasche. Dalla destra orografica dell’Ossola, dove le segnalazioni sono
documentate così come i danni fatti alle arnie di alcuni apicoltori, potrebbe
aver attraversato la valle e aver trovato rifugio sui monti tra la Val Pogallo
e la Valle del San Giovanni.
Sono in corso da parte della Polizia Provinciale e dei Carabinieri Forestali le dovute verifiche relative agli avvistamenti avvenuti nella piazza di Gonte, comune di Oggebbio, e al Pian Vadà, dove un pastore, trovata una sua capra sbranata, nella nebbia avrebbe visto materializzarsi la sagoma inconfondibile del grosso plantigrado.
Sono in corso da parte della Polizia Provinciale e dei Carabinieri Forestali le dovute verifiche relative agli avvistamenti avvenuti nella piazza di Gonte, comune di Oggebbio, e al Pian Vadà, dove un pastore, trovata una sua capra sbranata, nella nebbia avrebbe visto materializzarsi la sagoma inconfondibile del grosso plantigrado.
Quello dell'orso è un ritorno, dopo almeno due secoli di assenza. Carte
d’archivio, statuti e testimonianze dirette, che ho illustrato recentemente in
occasione di un convegno tenutosi il 23 novembre 2019 a Varallo Sesia, ne
documentano la presenza storica in queste Terre tra laghi e Alpi.
Taglie per la cattura di lupi, orsi e «similes alias bestias
ferinas» sono stabilite negli Statuti e Ordini di varie comunità ossolane e verbanesi: Cannobio nel XIII sec., Domodossola (Statuto della Curia
di Mattarella) tra XIII e XIV sec.; Intra Pallanza e Vallintrasca nel 1393; Val
Formazza nel 1486; Valle Antigorio nel 1583; Crevoladossola nel 1607, Valle
Vigezzo nel 1764, tanto per citarne alcuni.
Ad esempio, gli statuti del plebato di Cannobio ci informano
sulla caccia ai lupi e agli orsi e sulla vendita de salvadexinis, più
probabilmente caprioli, camosci, fagiani, pernici.
Curiosa è poi la norma contenuta negli statuti
fine-cinquecenteschi di Viggiona, paese collinare affacciato sul Lago Maggiore.
S’imponeva infatti ai capifuoco di fornire alla comunità un membro per famiglia
al fine di cacciare il lupo (e pure l’orso e altre bestie feroci), nonché
quando avvistato o nel caso avesse recato danni agli armenti; se poi si fosse
gridato “Al lupo!” senza motivo, e dunque ingenerando scompiglio e terrore nel
paese, l’incauto sarebbe stato multato pesantemente.
Per la Val Vigezzo, Cavalli nel 1845 racconta dell’invasione
di «...una insolita turba di lupi e orsi...» avvenuta nel 1796: «Costituivano questi
voraci ospiti una nuova e ben grave calamità per la Valle, dappoichè ogni
giorno decimavano gli armenti, e minacciavano persino gli uomini, se osato
avessero di contrastar loro le prede. Grande era perciò lo spavento, generale
la costernazione di tutti i Vigezzini».
A proposito di orsi, giova ricordare che questi tra Verbano
e Ossola erano presenti ancora nel primo Ottocento, come risulta da una
Notificanza del Vice Intendente della città e provincia di Mortara in cui si
legge: «La comparsa di due Orsi nella Provincia di Pallanza avendo eccitata
l’Autorità Superiore ad esplorare da S.M. quale debba essere il premio da
corrispondersi a’ predatori di tale fiere, si è la M.S. spiegata in udienza del
giorno 6 andante mese essere sua precisa mente che, in proposito di
retribuzione, siano questi equiparati agli uccisori de’ Lupi ordinarj».
Nelle risposte inviate dai vari Comuni al questionario
definito “Rapporto informativo riguardo la presenza di lupi e loro perniciosità”
del Dipartimento Sanità del Magistrato dell’Agogna - Anno 1807 - (Archivio di
Stato di Novara), risulta la presenza di orsi nei territori delle comunità di
Domodossola e Vogogna.
La presenza storica di questo grande mammifero sulle montagne verbanesi è ricordata anche dai toponimi: "Tana dell’orso”, dato a un luogo poco distante dall’alpe Sunfaì, sui monti di Intragna e "Orsera" per una località sopra a Premeno.
L’ultimo orso sembra essere stato ucciso nel 1828 a Calasca.
Un altro era stato abbattuto pochi anni prima, nel 1815, ad Anzino, sempre in
Valle Anzasca, mentre l’ultimo avvistamento del plantigrado sembra essere
avvenuto all’alpe Orsera in Valle Vigezzo attorno al 1850.
Eccezionalmente interessante è infatti la testimonianza di
Giacinto Bergamaschi (Malesco 1894-1976), raccolta da Angelo Garanzini. Come
scrive Leonardo Mostini, «il Bergamaschi riferì che suo nonno, in data di poco
antecedente al 1850, aveva visto un orso in località Orsera di Malesco saltare
sul posteriore di una vacca al pascolo, lasciandole sulla pelle la strisciata
degli unghioni delle due mani [zampe anteriori, N.d.A.], una volta messo in
fuga». È sorprendente quanto la descrizione dell’attacco dell'alpe Orsera collimi con le parole
di Louis Figuier (Montpellier,
1819 - Parigi, 1894) in Vita e costumi
degli animali: i Mammiferi, pubblicato nel 1869: l’orso «di rado aggredisce il
grosso bestiame. Va ad aspettare le vacche presso l’abbeveratoio, salta loro
sul dorso, e prendendole per le corna, dilania loro la nuca, finché le abbia
uccise».
Dopo questo fatto fu cambiato il nome dell'alpe in Orsera, toponimo comunque diffuso in altre località alpine?
Dopo questo fatto fu cambiato il nome dell'alpe in Orsera, toponimo comunque diffuso in altre località alpine?
Anche la sua “ingordigia” di miele è testimoniata nel
passato, come ricorda questo documento conservato nell’Archivio di Stato di
Torino, la deposizione fatta dal sindaco di Balmuccia Francesco Bertolo di
Guaifola nel 1600 in relazione ai danni provocati da lupi e orsi in Valsesia: «So esservi un alpe nel Folecchio e denominato l’alpe della
Bunda il quale più non si carica di bestiami per esser quello molto frequentato
da lupi e orsi, havendo io stesso veduto in detto alpe una vacca stata
ammazzata da un orso... e oltre il danno che gli orsi vi apportano ai
particolari nelli loro bestiami, ne apportano nelli alveari che quasi tutti li
particolari sono soliti tenere, destruendo tali alveari e mangiando il miele in
quelli esistente: anzi nell’estate dell’anno hor scorso sono stati distrutti
tutti li alveari che si trovavano nelle case di tre o quattro particolari della
Balma di Fervento e nell’estate hor scorsa ne sono stati distrutti degli altri
a Rossa, Piode, come in questo luogo ho io osservato... ».
Questa deposizione sembra oggi veramente un racconto da
favola, conclude don Erminio Ragozza, prete ossolano, che la raccolse e la
pubblicò.
Il ritorno naturale di lupo, orso e lince va ora gestito,
senza demonizzare questi predatori ma, allo stesso tempo, fornendo agli
allevatori ogni possibile strumento di prevenzione e difesa che non preveda,
ovviamente, la loro uccisione.
La montagna ha bisogno dei grandi predatori, estremamente funzionali alla corretta conservazione della nicchia ecologica che dominano, ma anche dei pastori e dei loro animali che
mantengono in vita alpeggi, pascoli e tradizioni.
Occorre fare ogni sforzo per mitigare i conflitti tra questi nobili carnivori e le attività umane.
Gli atti del convegno di Varallo La presenza storica dei grandi predatori nel Piemonte orientale saranno presto disponibili.
Bibliografia
Cavalli C. (1845) - Cenni
statistico-storici della Valle Vigezzo, Torino.
Copiatti F. (2011) - «Che
niuna persona ardisca tagliare vintene o lengistre». Governo e sfruttamento del
bosco in statuti e regole del Verbano medioevale e moderno, in Viganare, stramare, buscagliare. Il bosco,
bene comune, il suo uso, la sua gestione ieri e oggi, Ghiffa, pp. 18-19.
Copiatti F. (2019) - «Al lupo! Al lupo!». I grandi predatori nel Verbano Cusio Ossola tra XIV e XIX secolo, relazione al convegno La presenza storica dei grandi predatori nel Piemonte orientale, Varallo, 23 novembre 2019, CAI di Varallo ed Ente di gestione delle Aree protette della Valsesia.
Copiatti F. (2019) - «Al lupo! Al lupo!». I grandi predatori nel Verbano Cusio Ossola tra XIV e XIX secolo, relazione al convegno La presenza storica dei grandi predatori nel Piemonte orientale, Varallo, 23 novembre 2019, CAI di Varallo ed Ente di gestione delle Aree protette della Valsesia.
Frangioni G. (2005) - La
memoria del lupo, in Le Rive, n.
5, pp. 57-64.
Frigerio P. e Pisoni P.G. (1984) - Brissago medievale nei suoi statuti: secoli XIII-XVI, Locarno, A.
Dadò.
Frigerio P. e Pisoni P.G. (1986) - Pallanza 1818. Orsi d’eccezione e lupi ordinarj, in Verbanus, n. 7, p. 354.
Mariani C. e Pisoni P.G. (1987) - Verbania premesse medievali: gli statuti del 1393 secondo un'antica
stampa e nell'interpretazione italiana, Intra, Alberti.
Mostini L. (1997) - Distribuzione
storica del lupo (Canis lupus) e dell’orso (Ursus arctos) nelle province di
Novara, Verbania e in Valsesia (VC), in Rivista
Piemontese di Storia Naturale, n. 18, pp. 311-318.
Pagani F. e Pisoni C.A. (2011) – «Per non dubitar de’ lupi»,
in Vallintrasche 2011, Germignaga,
Magazzeno Storico Verbanese, pp. 15-19.
Ragozza E. (1981), Alpi, orsi e… alpicoltori a convegno, in Il Verbano, 14 marzo 1981.
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