lunedì 13 dicembre 2021

“Ul palazi” dell’alpe Ompio, un dimenticato luogo di villeggiatura

Non ricordo quando sentii parlare di Villa Müller per la prima volta. Forse fu in occasione di una gita a Ompio o forse leggendo qualche libro dedicato alla Val Grande.
La ritrovai citata su giornali d’epoca in occasione della ricerca sulla vita della guida alpina Antonio Garoni, poi conclusasi con la pubblicazione del libro “A passo di vacca” (Azimut, 2018 e 2019).
Cera poi quella leggenda del fantasma di Ompio che mincuriosiva, quellapparizione che si ripeteva ogni anno a Natale, allo scoccare della mezzanotte.
Della villa non si avevano immagini. La fortuita e fortunata scoperta di alcune fotografie rintracciate da Enzo Azzoni di Pallanza ci permette ora di scoprirne dimensioni e struttura.

Ompio, settembre 1892 (foto archivio Enzo Azzoni, Pallanza)

Conosciuta localmente come Ul palazi, il palazzo, a motivo delle dimensioni e delle forme architettoniche ben diverse da quelle di una baita di montagna, la villa con annessa casa colonica fu costruita da Carlo Franzosini (1831-1890), ultimo discendente di una ricca famiglia intrese proprietaria delle omonime vetrerie, site oltre il torrente San Giovanni.

Sindaco di Intra, consigliere provinciale, deputato al Parlamento, sposò in prime nozze Luigia Zucchi (1834-1855) e poi, rimasto vedovo, la contessa Delfina Spitalieri De Cessole (1833-1914). Dalla prima moglie ebbe un figlio, Pietro, che morì prematuramente all’età di nove anni (1855-1864).

Grande appassionato di montagna, fu tra i fondatori della Sezione Verbano del Club Alpino Italiano e suo primo presidente dal 1874 al 1876.

Il forte legame con il CAI è testimoniato dal fatto che ospitò spesso all’alpe Ompio i consoci del sodalizio verbanese. Sul giornale “La Voce del Lago Maggiore” troviamo traccia, ad esempio, di una gita programmata per il 15 agosto del 1878: 

«Convegno Sociale in Ompio - Non avendo, stante il cattivo tempo, potuto aver luogo domenica scorsa il ritrovo alpinistico a Ompio, esso venne ora fissato per giovedì prossimo, corrente, (festivo), con refezione sociale alla medesima ora (2 pom.). Ompio, luogo ameno o delizioso situato poco sotto la cima del Monte Fayè (m 1307), che separa la Valle S. Bernardino dal lago di Mergozzo, e dove il Sindaco di questa città sig. cav. Carlo Franzosini possiede una deliziosa villetta»

Nel 1879 Ul palazi fu acquistato da Vittore Müller, anch’egli tra i fondatori del CAI verbanese, figlio di quel Maurizio che nel 1805, lasciata la nativa Andermatt, «si stabilì a Intra dedicandosi dapprima al commercio, poi alla filatura del cotone». (L. Parachini, CAI Pallanza. 75 anni di storia e storie. 1945-2020, Verbania 2021).

Escursioni, gite e passeggiate scolastiche che avevano come meta l’alpe Ompio e i suoi monti prevedevano quasi sempre nei loro programmi la sosta alla villetta dei Müller. Così accadde anche agli scolari di Cossogno e Rovegro il 31 gennaio 1884, come riportato dal giornale “La Voce del Maggiore e dell’Ossola” il seguente sabato 2 febbraio:

«Lo scorso Giovedì, in cui un sole splendidissimo, ed un serenissimo cielo favorivano l’amena e proficua escursione (…), alle nove antimeridiane, le due scolaresche, a cui si unirono anche gli adulti allievi della scuola serale, capitanate dai rispettivi precettori, si avviarono alla volta dell’alpe Ompio. Era un’ottantina di fanciulli e di giovinetti che schierali in bell’ordine marciavano su per quelle amabili pendici, pendenti dal labbro delle loro guide, le quali tratto tratto li soffermavano richiamando la loro attenzione sui prati, sui concimi, sugli innesti, sulle piante, sui boschi, sui vivai, sulla natura e sulle virtù delle erbe, sugli insetti, sugli animali utili all’agronomia, e via dicendo. Alle undici, arrivarono ad Ompio e quivi la cortesia del signor Gaetano Giovanelli fattore di quell’estesa tenuta che mostrasi in si vago aspetto - proprietà dei fratelli Müller d’Intra - accoglieva l’efebèo con ogni sorta di generosità…».

Nel 1902, alla morte di Vittore, la tenuta di Ompio fu ereditata dal nipote Carlo (1856-1929), studioso di storia intrese, «il quale nella quiete dell’alpe portò a termine alcuni suoi saggi storici». (Parachini, op. cit.)

Anche Carlo Müller mantenne la consuetudine introdotta dai suoi predecessori, di dare ospitalità agli amici alpinisti. Si legge su “La Vedetta” del 29 maggio 1906:

«Club Alpino. Raccolgo nelle brevi righe di cronaca le impressioni di quella indimenticabile gita in Ompio, alla Villa Müller che all’albeggiare di domenica fu meta ai numerosi alpinisti fra cui gentili signore e signorine, guidati dal solerte direttore rag. Richelmi. Partiti per vie e mezzi diversi da Intra, tutti si raccolsero verso le otto del mattino nell’ampio piazzale del Santuario di Santino, dove rifocillati alquanto, si riprese, tra il verde del monte e l’incantevole vista del nostro Lago e di quello di Mergozzo, l’alpestre sentiero sino all’Alpe Erf, dove il sig. Müller, con previdente pensiero, fece trovare per l’assetata compagnia, abbondante rinfresco. Si continua la ripida salita sino al limitare di un’ampia pineta; poi il sentiero si sviluppa pianeggiante tra i boschi, gli alpestri casolari ed i prati bianchi di narcisi, ad un tratto appare la desiata meta, la villa Müller, dove ci attende e ci accolgono con ospitalità grande il sig. Carlo Müller e le sue gentili signorine. Le tavole imbandite con gran lusso di fiori e vini squisitissimi accolgono i commensali, ai quali l’aria vibrante della montagna ha provvisto anche di grande appetito. Le ore trascorrono liete e grandi evviva echeggiano per l’ospite generoso. A pranzo compiuto, rinvigoriti gli spiriti alpinistici, l’intera comitiva s’incammina ad una prossima altura detta alla Crocetta, donde ammiriamo lo spettacolo grandioso della Valgrande e delle nostre maggiori montagne, la Marona, la Zeda, ed il Pedum che raffigura la bizzarra conformazione di rocce, il profilo di Napoleone dormente. Ma l’ora si attarda, si ridiscende di grande volata la china: alla villa il sig. Müller offre il thè ai partenti, che ben a malincuore abbandonano quegli splendidi luoghi, riconoscenti e grati al sig. Müller per così splendida giornata e grande ospitalità».

Ompio, settembre 1892 (foto archivio Enzo Azzoni, Pallanza)

La tradizione vuole che a Villa Müller siano stati ospiti nientemeno che Re Umberto I e il piccolo Vittorio Emanuele III, quest'ultimo trasportato all’alpe Ompio dentro a un gerlo da Lucia Zampa, giovane donna di Cossogno poi maritatasi a Rovegro con Eugenio Pizzagrani:

«Da Santino in tre ore si sale ad Ompio (metri 975) incantevole aggregato di alpi fra il verde tenero delle praterie e quello più cupo delle conifere, cui sovrastano le dentellate guglie dei Corni di Nibbio. Qui sorge una graziosa palazzina, ora di proprietà del signor Carlo Müller, costrutta dall’on. Franzosini, che vi esercita larga e signorile ospitalità. Vi soggiornò per brevi giorni anche il compianto Re Umberto» (La Gazzetta del Lago, 8 luglio 1923).

Alla morte di Carlo Müller, avvenuta nel 1929, seguì un periodo di declino e poi, durante la II guerra mondiale, la villa e la casa colonica rimasero distrutte da un incendio. Nelle foto aeree del 1946 entrambe appaiono senza tetto, mentre già nel 1956 la seconda appare ricostruita. Della villa, invece, rimasero solo ruderi e ricordi.

Molte volte, passando da Ompio, mi sono chiesto che aspetto avesse Ul palazi. Guardavo il vasto prato e qualche muro in pietra sopravvissuto alla devastazione, cercando di immaginare come poteva essere la villa.

Le immagini ritrovate, raccolte in un album di fotografie scattate da Ernesto Müller, fratello di Carlo, mi portano a quel giorno di settembre dell’anno 1892.  Mi sembra di essere lì, con Vittore Müller, riconoscibile dalla folta barba, a lato della villa (nella foto d’apertura, in piedi a sinistra con camicia e cappello chiari), oppure a giocare con i figli del fattore, davanti alla casa colonica immersa nel verde anfiteatro di pascoli.

Torno spesso a Ompio e su questi monti ai confini con la Val Grande, seguo le tracce degli alpinisti ottocenteschi, calcando i sentieri che furono dei contadini e dei boscaioli.  L’amica Carmen Morandi di Rovegro mi racconta di quando i prati erano curatissimi, con i contadini intenti ad ammucchia re fieno sui covoni, le cosiddette mede.
Da bambina Carmen sentiva spesso parlare dei Müller come persone sempre gentili con gli alpigiani. Uno zio, inoltre, gli narrava la storia di una generosa signora, il cui fantasma allo scoccare della mezzanotte di Natale, appariva lì davanti, seduto al tavolo rotondo, intento a confezionare calzette destinate ai bisognosi.

Ci sediamo alla mensa dell’accogliente Rifugio CAI “Antonio Fantoli”, i ricordi scorrono con il vino rosso che accompagna gustose pietanze.
Il sole comincia a scendere, il tramonto rende l’alpe ancora più bella. Anch’io, «ben a malincuore», abbandono questi luoghi ricchi di storia e m’incammino verso casa tra odorose fioriture di narcisi.


Nota
Versione aggiornata e ampliata dell'articolo pubblicato su "Monte Zughero" (rivista del Club Alpino Italiano, sezione di Baveno) nel gennaio 2022.

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