giovedì 21 ottobre 2021

“Il vento dei morti”: una leggenda valgrandina

Ottobre sta per chiudersi, una brezza capricciosa e tiepida alita su Cossogno.
Dagli alpeggi della Val Grande, i pastori s’incamminano verso i paesi. Olimpia, seduta sotto il portichetto della cappella, osserva vacche, pecore e capre sciamare lente lungo la mulattiera. Raggiunte le stalle, varcheranno di malavoglia la porta e qui trascorreranno i lunghi e freddi mesi invernali, recluse nella semioscurità.
I riflessi del sole creano strane visioni lungo i versanti scoscesi e le balze rocciose. Il bosco, non più verde e ombroso, sembra gemere. Folate di vento scompigliano le chiome, le ultime foglie rimaste sugli alberi sembrano scosse da brividi innaturali; un tremito violento incurva le cime delle piante più esili, par di sentire un lamento, un pianto, un’invocazione.
Olimpia, giovane contadina, rammenta e s’inquieta.


Questo è il “vento dei morti” che, secondo una antica leggenda, non è che un immenso coro di voci sommesse, voci che vengono dall’aldilà a ricordare che tutti siamo di transito quaggiù.
Da giorni nei piccoli camposanti sperduti tra monti e valli, il pianto di una moltitudine dolente bagna la terra, custode amorevole delle spoglie di coloro che qui vissero, tra gioie e dolori, speranze e disillusioni.
Eppure, c’è chi racconta che la sera di Ognissanti il vento faccia strani giri tra il cimitero e l’abitato. Le foglie già a terra si alzano in cielo e si uniscono a quelle testé strappate dai rami, librano, s’abbracciano e sembrano danzare tra i vicoli del paese.
Nessuno varca la soglia di casa, nemmanco gli uomini che pur non sono paurosi, a sentir loro.
Le donne recitano il rosario accanto al focolare mentre le castagne cuociono.
Quella di mangiare le castagne la sera della vigilia del “giorno dei morti è una vecchia e diffusa tradizione, mantenuta in vita da ogni famiglia, ogni anno, in saecula saeculorum. Anche Olimpia, raggiunto il villaggio, si ritirerà nella propria casa e vi resterà fino al mattino. Non è superstiziosa, ma ha il segreto timore di “sentire” il passo leggero delle anime defunte, invisibili ma ben “presenti” attorno alla chiesa del paese, nelle viuzze, ovunque si conservino ricordi della loro vita terrena.
Dopo la recita del rosario, ogni famiglia sbuccerà le castagne cotte o arrostite rievocando gli indimenticati parenti e amici. È allora che accadrà, che si ripeterà la magia, che “qualcuno” busserà alla porta o alla finestra. È il vento dei “morti”, che si intrufola nelle case, vuol curiosare, “vedere”, “sentire”, “far ricordare”.

Il cimitero di Cossogno in una foto d'epoca

Su questo vento d’autunno, Olimpia molti anni prima aveva sentito una storia da un montanaro di Rovegro che aveva una barba lunga come quella del santAntonio abate affrescato in una cappelletta del paese. Stava aspettando il padre Giuseppe, entrato a dissetarsi in un’osteria di Santino, quando quelluomo iniziò a parlare a lei e ad altre bambine:

– Circa mezzo secolo fa  il “vento dei morti” suscitava in Val Grande timori strani perché era stata diffusa la voce di un fatto spaventoso. Una pastorella, tornando dai boschi nel pomeriggio del giorno dei “morti”, venne investita e precipitata in un burrone da una raffica di vento. Per tutta la notte il cadavere della poveretta fu vegliato da una legione di morti radunatisi repentinamente nella valle, che le tenebre rendevano ancor più cupa e desolata.

Una sola, nient’altro che una sola volta era accaduto, pensò Olimpia, e forse non era neppure storia ma solo leggenda. Erano tanti coloro che ci credevano, sempre pronti a dar corpo alle ombre e avere una paura folle del “vento dei morti”. Tanti, ma non tutti.

– Sì, è un vento un po’ curioso - proseguì poi il vecchio -  ma che non ti obbliga a portare la mano agli occhi, a camminare di sghembo tenendo magari il cappello perché c’è pericolo che voli via. Un vento calunniato e temuto dai superstiziosi perché costoro sono gente che non ragiona, gente che, chissà per qual motivo, ha paura dei morti mentre invece si dovrebbe aver paura dei vivi. Questo è il giudizio di uno che il vento dei morti lo conosce a meraviglia, che l’ha sentito fischiare in Val Grande tra boschi e campi, ne conosce i segreti, se segreti possono essere chiamati i suoi “sussurri”.
È una voce fascinosa quella del “vento dei morti”, una voce calda, confortante, che vorrebbe raccontarci tante cose e portarci il saluto dei nostri cari defunti. Un vento che stacca dagli alberi le ultime foglie, che corre rapido da un bosco all’altro, da una viuzza all’altra. Un vento che ci fa pensare a chi un giorno raggiungeremo. Il vento dei morti in Val Grande.

Il cimitero di Cicogna, alle porte della Val Grande


Libero adattamento della leggenda “Vento dei morti in Val Grande” pubblicata da R.A.D. (Rossi Alchieri Dante) sul giornale “La Gazzetta del Lago” il 3 novembre 1943.

Olimpia è protagonista anche in 
La vecchia del bosco. Leggenda di Natale” https://apassodivacca.blogspot.com/2020/12/la-vecchia-del-bosco-leggenda-di-natale.html






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