giovedì 7 gennaio 2021

Neve a Cicogna. I ricordi di una maestra (e di un maestro)

Il libro "Cicogna ultima Thule" e le abbondanti nevicate di questi giorni hanno risvegliato nell'amico Guido Canetta di Bèe ricordi di un inverno lontano.
Buona lettura! Fabio

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Era una domenica di gennaio o febbraio del 1970 quando, sulla mia strada, mi capitò di incrociare ancora una strùsa.
Pinuccia, in quell’anno scolastico aveva avuto l’incarico per una supplenza annuale alla Scuola Elementare di Cicogna, funzionante con due alunni, Paola in III e Renato in V.
All’epoca tutte le scuole classificate “di montagna” dovevano disporre di locali ad uso abitazione per l’insegnante ma, visto che ormai quasi più nessuno ne faceva richiesta potendo raggiungere le varie sedi in auto, spesso detti locali non erano più agibili o comunque in condizioni tali da poterci vivere.
Di conseguenza l’obbligo di risiedere nel paese della scuola assegnata non veniva più rispettato e i direttori didattici chiudevano un occhio.
E così, dal 1° ottobre 1969, Pinuccia si faceva avanti e indietro Intra – Cicogna in Fiat 500, al lunedì, martedì, mercoledì, venerdì e sabato; il giovedì no perché era giorno di vacanza.
Con l’arrivo dell’inverno però, non poteva correre il rischio che qualche nevicata bloccasse la strada e che pertanto non potesse raggiungere Cicogna. Un’assenza per quella causa non era consentita alle supplenti e pertanto … a partire dalla fine di novembre si trasferì lassù, ospite pagante della Serafina, titolare del negozio di generi alimentari, dell’annessa osteria e delle camere al piano superiore.

Gli scolari Paola e Renato al pozzo lavatoio di Cicogna

Ora saliva a Cicogna al lunedì mattina e scendeva al mercoledì pomeriggio; risaliva al venerdì e scendeva al sabato.
Pur essendo stato quello un inverno molto nevoso, tanto che a Intra crollò la tettoia di casa dove parcheggiava l’auto, le nevicate non capitarono mai di lunedì né di venerdì, fino a quel fine settimana di gennaio o febbraio.
S’era messo a nevicare già al venerdì ma non così tanto da impedirle di tornare a casa; poi però nevicò anche al sabato e alla mattina di domenica per cui si era quasi certi che al lunedì mattina, da sola, arrivare a Cicogna sarebbe stata un’impresa.
Decidemmo pertanto che nel primo pomeriggio della domenica l’avrei accompagnata io. La 500, corta e col motore posteriore, proprio sopra le ruote motrici, sulla neve era eccezionale: le mettevi le catene e andavi dappertutto.
Così partimmo e fino a Rovegro il nostro viaggio fu tranquillo; lo spazzaneve era passato da poco e la strada risultò percorribile, con cautela ma senza difficoltà.
Sapevamo però che i problemi sarebbero venuti dopo perché la pulizia del tratto da Rovegro a Cicogna dipendeva da un’altra impresa, per modo di dire.
È vero che io dovevo arrivare solo al Ponte Casletto e che da lì Pinuccia avrebbe proseguito a piedi lungo quei quattro o cinque chilometri in salita, ma ce l’avremmo fatta?
Pinuccia si spostò sul sedile di dietro, per far peso (ed è da ridere visto che raggiungeva a malapena i 40 kg), e quindi proseguimmo.

Renato e Paola nell'aula della scuola elementare di Cicogna

Sulla carreggiata si vedevano i due solchi lasciati dalle ruote di un trattore ma la strùsa che si era trascinato dietro doveva aver viaggiato a una spanna da terra perché tale era lo spessore di neve rimasto.
Per fortuna le ruote della 500 si adattavano bene ai due solchi!
Nei pressi di una cappella incrociammo una donna che stava arrivando a piedi proprio da Cicogna; mi fermai per farla passare e scambiammo quattro parole. Ovviamente ci sconsigliò di proseguire ma … lei non sapeva con che “pilota” aveva a che fare!
E infatti, un po’ per dritto e un po’ per traverso arrivammo alla meta; la strada, all’epoca ancora sterrata, era quel che era: una serie ininterrotta di curve e semicurve con un muretto parapetto che proteggeva dal salto verso il greto del San Bernardino, qualche decina di metri più in basso, e con una parete rocciosa a monte, tagliata un secolo fa per farci lo scalino su cui appoggiare la “carrareccia”. 
Comunque quel giorno andò tutto bene: si vede che ul Signùur u à vardà giü
Alla fine della galleria del Ponte Casletto trovai anche lo spazio per fare l’inversione di marcia e, mentre Pinuccia si metteva gli scarponi, caricai sulla 500 quattro sassi che avevo adocchiato in un punto riparato dalla roccia, in modo che sostituissero il peso che era sceso.
Non ci salutammo in lacrime ma aspettai a partire fin quando lei scomparve dietro la prima curva.
Il ritorno per me fu rapido, anche troppo; e così Pinuccia, che dai tornanti più in alto vedeva e “curava” la strada che dovevo percorrere, non avendo individuato nessun’auto in transito si preoccupò … inutilmente perché quella che lei credeva la strada era invece il canale della centrale di Rovegro, evidentemente dalla traccia più marcata.
Comunque, prima che facesse buio arrivò a Cicogna, a piedi, tra la sorpresa della Serafina e degli avventori dell’osteria. 
Una telefonata a Bèe e … due respiri di sollievo. Così dopo cena Pinuccia si infilò nel letto, coprendosi all’inverosimile, perché sapeva che, come al solito, in quella stanza gelida si sarebbe svegliata al mattino con i ricami del ghiaccio sui vetri della finestra.
Insomma, per quei due giovani fidanzati, ma soprattutto per lei, la maestrina, a dirla con una frase diventata da poco celebre, Cicogna fu come “l’ultima Thule”.

Renato e Paola sul balcone della scuola elementare di Cicogna

Passarono gli anni, quasi cinquanta, e un giorno un escursionista di passaggio da Cicogna entrò nel locale Circolo per bersi un’aranciata e fare quattro chiacchiere. E, una parola tira l’altra, si presentò come marito della maestra Giuseppina Gasparini, penultima insegnante del paese. Una signora presente, sui sessant’anni, disse che era stata sua maestra e che le aveva insegnato a ricamare e a lavorare a maglia. 
E proseguì: “Ma allora lei è quel maestro che, con un suo collega, venne su da Cambiasca a farmi l’esame di quinta! Io mi ricordo bene di lei perché quando la mia maestra e quell’altro mi facevano domande difficili, lei, di nascosto … mi suggeriva! Mi chiamo Paola!”
Avrei voluto baciarla!

Guido Canetta



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